Piero Chiara – La spartizione

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Ciao!

Ieri pomeriggio mentre cercavo il libretto di istruzioni del ferro da stiro (che sembrava posseduto) ho notato nella libreria un libro letto da poco, di cui devo assolutamente parlarvi!

E’ un romanzo di Piero Chiara (1913-1986), che si intitola “La spartizione”. Lo stesso autore ci tiene subito a precisare che non è la spartizione di una torta appena sfornata, o di un ricco bottino, aggiungendo un sottotitolo: “la comica avventura di un uomo diviso fra tre donne”.

La versione che ho io è un’edizione del 1973, comprata per pochi euro in una libreria famosa proprio per i libri usati. Fu pubblicato per la prima volta nel 1964 da Mondadori.

Il protagonista, ovvero l’uomo conteso dalle tre donne, si chiama Emerenziano Paronzini. E’ un uomo di mezza età, funzionario statale, che dopo il trasferimento a Luino decide di prendere moglie, per garantirsi una vita tranquilla, serena, consona a un uomo del suo rango.

La sua curiosità va a posarsi su tre sorelle, che possiamo comunemente chiamare “zitellone”. Pur essendo abbastanza ricche di famiglia non hanno marito, probabilmente per via del loro aspetto. Il Paronzini (come veniva chiamato in paese) vede nei loro sguardi tutte le caratteristiche che la sua moglie ideale deve avere, e decide di approfondire la conoscenza.

Come lui stesso ammette, la moglie ideale deve “essere persona, natura compiuta anche se distorta, da manomettere e da sommuovere senza pietà, crudelmente, come egli pensava si dovesse operare con le donne per trarne i sapori più forti”.

Insomma, una concezione quasi preistorica del concetto di donna e moglie. 😀

Scopre quindi che hanno perso il padre, vivono tutte e tre insieme nella casa di famiglia e si occupano di varie attività legate alla chiesa e alla comunità.

Ma soprattutto scopre che, nonostante la loro bruttezza, ognuna ha qualcosa di bello da offrire: una caratteristica estetica (mani, gambe, capelli) che lo convince del tutto a iniziare una corte serrata al gruppo, per decidere in seguito chi sposare.

Si introduce in casa loro con il pretesto di aiutarle con dei documenti, ed è molto divertente vedere come un piccolo elemento di disturbo possa generare il caos in un equilibrio che non è mai stato intaccato, e che ha resistito compatto e saldo fino ad allora.

Dopo attente riflessioni sceglie la sorella più grande, ma, non contento, proverà a conquistare anche le altre due..

Il titolo, a partire da questo punto della storia, fa anche riferimento alle tre sorelle, che si spartiscono i mille ruoli che una moglie ricopre.

Le situazioni assurde in cui il protagonista si ritrova sono volutamente ironiche, dando al lettore la sensazione che non ci sia niente di strano, di poco normale in tutto ciò.

In realtà tutto il romanzo è una provocazione alle concezioni del periodo, all’idea di “peccato”, a quell’apparenza che andava sempre mantenuta, di cui il Paronzini è ricercatore e trasgressore allo stesso tempo.

Anche i canoni come la bellezza e la bruttezza, di natura soggettiva ma universalmente classificati, vengono capovolti: scopriamo così che da tre mele marce, tagliando pezzo per pezzo, se ne può ricavare una buona, ma in uguale misura ce ne sarà una completamente composta da parti avariate, e lo sforzo per ottenerla è stato pari a quello per ottenere la mela buona.

La bruttezza diventa quindi frutto (per rimanere in tema) di una accurata ricerca, non di un destino dispettoso: concetto che è rimarcato anche dall’ossessione del padre delle tre ragazze per le verdure deturpate, storte, coltivate in modo da avere un aspetto più lontano possibile da quello che ci si può aspettare.

Il Paronzini mangia la mela ottenuta con le parti buone, ma solo all’ultimo scopriamo che era interessato all’altra mela, quella marcia, dando la sensazione di essersi preso gioco del lettore, di accettare e condividere i canoni, le regole, le imposizioni del periodo storico e sociale. In realtà ha distorto e manomesso pure quelli, a suo vantaggio.

Il finale è risolutivo: la sensazione viene confermata, il Paronzini diventa “un eroe” sociale, colui che ha dimostrato che  “con costanza, silenzio e buona tempra si possono ottenere risultati sorprendenti”.

Nonostante il cinismo che potrebbe trasparire, penso sia un personaggio molto positivo, indipendente, proiettato sui suoi obiettivi, e disposto a raggiungerli a qualunque costo. Di lui mi è rimasto soprattutto questo.

Il romanzo si legge facilmente, giusto le prime pagine risultano un pò lente, per via delle riflessioni che il Paronzini fa. Una volta fatta la conoscenza con le tre sorelle però, la storia scivola veloce come una biglia su un piano inclinato.

Peccato che sia un romanzo poco conosciuto: lo trovo molto attuale, capace di competere con i libri del momento. A tempi, comunque, ottenne un grande successo!

E’ stato tratto anche un film: “Venga a prendere il caffè da noi” (1970), diretto da Alberto Lattuada. Mio padre ha detto che è molto divertente: devo procurarmelo al più presto!

Immagine presa da http://www.incipitmania.com/wp-content/venga-a-prendere-il-caffe-da-noi.JPG
Immagine presa da http://www.incipitmania.com/wp-content/venga-a-prendere-il-caffe-da-noi.JPG

Vi lascio con una recensione presa da ilmiogiornale.org, che racconta anche le differenze tra il romanzo e la versione cinematografica.

Giovanna

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Piero Chiara maestro di ironia. Perché leggere “La spartizione”

Per chi ama Andrea Vitali, leggere Piero Chiara è quasi un atto dovuto. Quest’ultimo è, infatti, uno dei suoi “maestri” e a lui è intitolato il premio letterario che a Vitali è stato assegnato nel 1996.

In comune hanno l’ambientazione paesana e lacustre delle loro storie, ma soprattutto quello spirito di osservazione necessario per sollevare – con leggerezza – il velo dell’apparenza e smascherare – senza intenti moralistici – difetti, meschinerie, menzogne e ridicolaggini di cui pullula l’umanità. Ne deriva che i microcosmi da loro ritratti, seppure geograficamente ben definiti (Nord Italia, lago, paese), hanno una “vocazione universale”. Come non ritrovarvi, infatti, le stesse dinamiche di un qualunque paesino del Sud Italia? Quella propensione al pettegolezzo tanto più marcata quanto più riservata è la persona che ne è l’oggetto; quel moralismo di facciata che nasconde vizi e vizietti; quell’intrecciarsi tra ritmi della natura e ritmi degli uomini; quel bizzarro mescolarsi di sacro e profano, di fede e superstizione; quella tendenziale diffidenza con cui chi vivacchia guarda a chi se la passa bene e che va a braccetto con il desiderio di apparentarvisi…

Quale sia l’approccio di Chiara rispetto alle storie narrate ben lo spiega Carlo Bo nell’introduzione all’edizione Mondadori de La spartizione (1964):  «[…] non insegna, non spiega, tutto deve essere limitato a vedere meglio e quindi a capire. […] per Chiara, capire significa mettersi nelle stesse condizioni dei suoi personaggi, accettare i fatti […] lasciando […] alla vita il compito di svolgere la sua lezione di fatale semplicità e di naturalezza.» «Non si sbaglierà, dunque, a mettere l’accento finale sull’intensità dello sguardo, sulla singolarità e infine sul rispetto autentico e libero della vita che salta fuori dalle sue pagine più belle.»

È chiaro, dunque, che quelle de La spartizione sono pagine che, tra una risata e l’altra, offrono parecchi spunti di riflessione. E lo fanno persino su temi abbastanza improbabili quali, ad esempio, “la dignità del brutto”. Significativo in proposito un passaggio ripreso anche nella trasposizione cinematografica Venga a prendere il caffè da noi, diretta nel 1970 daAlberto Lattuada (che, peraltro, vi interpreta anche una piccola parte, quella del dr Raggi): «Tanto il bello quanto il brutto […] sono frutto di un uguale sforzo creativo e sono qualità raggiunte. E non è che sia facile ottenere una cosa veramente brutta: è difficile come ottenerne una bella. La valutazione dei risultati è una pura questione di gusto.»

La trama stessa, del resto, ruota intorno alla bruttezza: tre sorelle tutt’altro che avvenenti (Fortunata, Tarsilla e Camilla Tettamanzi) si contendono le attenzioni di un uomo (Emerenziano Paronzini) che della bruttezza si scoprirà essere amante, al pari del defunto padre delle tre “grazie”A questa tresca principale si annodano altre vicende amorose e altri episodi che, pur oltrepassandone le rassicuranti mura, hanno sempre in casa Tettamanzi il loro epicentro.

A raccontar queste esilaranti vicende è un narratore disincantato e irriverente, che, però, non lascia il lettore a secco di poesia. Attenti, tuttavia, a non farsi prendere dal romanticismo perché l’incanto dura poco. Emblematico questo passaggio che vede per protagonista il perdigiorno e dongiovanni Paolino: «”Dio ha voluto così” concluse. E guardando il cielo dove le stelle sembravano eccitate dal vento che rumoreggiava tra i faggi, pensò a Dio, tanto per pensare a qualche cosa di astratto, come gli pareva giusto in quell’immensità.
“Ci sarà proprio Dio?” si domandò. “Se c’è” si rispose “tiene mano al Paronzini.»

Accennavamo prima al film che da questo romanzo è stato tratto: nonostante Piero Chiara abbia collaborato alla sceneggiatura (e vi abbia anche recitato nei panni del rag. Pozzi, amico intimo del Paolino), la versione cinematografica non è del tutto fedele all’originale letterario.
Innanzitutto, La spartizione è ambientata in epoca fascista, mentre Venga a prendere il caffèda noi è ambientato in epoca successiva. Uno scostamento che priva la pellicola di alcune perle di sarcasmo con cui Chiara delizia il lettore e che prendono di mira proprio il fascismo. Mancano, inoltre, alcune delle scene più comiche, anche se il film risulta comunque godibile: il segreto per apprezzarlo a pieno è non aspettarsi una riproduzione pedissequa del romanzo.

Se, infatti, la storia e i personaggi perdono qualcosa rispetto alla versione letteraria (Tarsilla qui non è poi così brutta e le sue gambe non così belle; Emerenziano qui è tutt’altro che insignificante), per altro verso nel film acquistano nuove e interessanti caratteristiche. Più di tutti l’Emerenziano che – grazie ad uno straordinario Ugo Tognazzi, esilarante quanto nei panni del Conte Mascetti in Amici miei di Monicelli –  acquista più charme, più nerbo … e più fastidiose abitudini. Degna di nota, però, è anche l’interpretazione che di Camilla Tettamanzi fa Milena Vukotic: sottomessa, ingenua e anche più isterica del personaggio letterario.

Il consiglio è quindi di cominciare con la lettura del libro (avendo la pazienza di attendere che il ritmo acceleri in un crescendo di ridicoli colpi di scena) e poi, dimenticandolo per un attimo, passare alla visione del film

 

http://www.ilmiogiornale.org/piero-chiara-maestro-di-ironia-perche-leggere-la-spartizione/

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