Ciao a tutti! Rieccomi dopo un po’ di tempo! Non è che non stia leggendo, anzi! Ho terminato diversi libri: si tratta solo di ritagliarsi del tempo per scrivere. Ho anche ripreso la palestra (dopo due anni di inattività) e posso definire la cosa con una sola parola: massacrante.
Comunque, il libro di cui voglio parlare oggi è il mio ultimo acquisto. Si intitola “Qui”. L’autore è Richard McGuire, un illustratore che collabora regolarmente con il “New Yorker”. E’ anche autore, regista, fondatore e bassista della band Liquid Liquid e ha una linea di giocattoli. Credo che per un artista (allargando il concetto a ogni persona che sfrutta le proprie idee) avere diverse attività sia fonte di grande ispirazione.
Il libro in italia è pubblicato da Rizzoli Lizard e costa 25 euro. E’ tradotto da Steve Piccolo.
Era già da un po’ che lo volevo: l’ho notato in libreria aziendale (dove al fascino dei libri si aggiunge il fascino dello sconto), e dopo averne sfogliato qualche pagina non me lo sono più levato dalla testa.
Fu pubblicato per la prima volta nel 1989, come ministoria di sole sei pagine. Da allora non si è più smesso di parlare di questa ministoria che l’autore, venticinque anni dopo, ha sentito il bisogno di ampliare, espandere, abbellire, come se avesse ancora qualcosa da dire.
Come descrivere questo libro quindi? E’ un libro illustrato? In un certo senso si: ma non un normale libro illustrato, dove con normale intendo una storia scritta accompagnata da immagini. Cercherò di spiegarmi meglio.
La prima pagina mostra un salotto, con dei divani, un caminetto e un box per bambini. In alto a sinistra si nota una data: 1957.

Ed è proprio “qui” che sarà ambientato tutto il libro, in questo preciso luogo. Ogni pagina rappresenta un anno, sempre nel medesimo luogo, e ogni pagina può avere uno o più riquadri al suo interno, delle finestre temporali su quei dettagli.

Conosceremo chi ha abitato quella casa negli anni ’50, epoca con cui si apre il libro, e scopriremo cosa succederà dopo. Ma anche cosa è successo prima.
I concetti di dopo e prima, utilizzati in questo modo, ricordano una fisarmonica: dilatano e rimpiccioliscono il tempo senza regole. In una pagina posso essere ai giorni nostri e la pagina dopo il secolo prima, il millennio prima, ere geologiche prima. La pagina dopo può essere lo stesso anno, ma anche proiettata nel futuro, come lo immagina l’autore.


Alla curiosità di scoprire qualcosa di più su quel posto si aggiunge quella di indovinare in che anno ci porterà la pagina successiva, quante finestre temporali troveremo, quante storie nella storia verranno portate avanti.
Un inizio per questa storia è facilmente immaginabile: nel momento in cui si è creata la Terra, si sarà anche delineato il posto preso in considerazione dall’autore. Ma non avrà mai fine: sebbene siano poche le pagine che guardano al futuro, ognuno di noi, sfogliando quelle pagine, non resisterà al richiamo di ipotizzare avvenimenti futuri.
Non è che racconti una storia, quindi: spinge il lettore a creare una storia, dandogli un solo, sufficiente, elemento. Il massimo risultato per uno scrittore!
“Qui” è anche un modo per riflettere sul tempo che scorre: sarà capitato a tutti di mettere piede in un luogo familiare dopo anni che non ci si andava, o di guardare una vecchia foto. La prima cosa che si nota son le differenze con il ricordo che abbiamo di esso.
Che sia una poltrona di dubbio gusto, in voga negli anni sessanta o una nonna che sferruzza davanti al camino, sono i dettagli quelli che sappiamo riprodurre minuziosamente, descrivendo in maniera esatta e del tutto personale il luogo in questione, che riprende di nuovo a vivere, ad animarsi, anche solo per un secondo: il secondo che ho dedicato alla memoria, al ricordo, al pensiero.
Mi ha fatto pensare ai miei luoghi del cuore, al ricordo che ho di essi, al ricordo che avevo quando li ho visitati l’ultima volta, generando un pensiero ricorsivo senza fine.

Credo che sia questo il piccolo segreto di questo libro, il motivo per il quale, in questi venticinque anni, non si sia mai smesso di parlare di quelle sei pagine pubblicate dall’autore. E il fatto che lui le abbia volute riprendere e ampliare ci dimostra che attraverso il caleidoscopio del tempo che passa, dei ricordi che si sedimentano, si possono scorgere tante nuove storie che sembrano successe da poco, appena una pagina indietro.
Ed è il motivo per il quale mi è piaciuto tantissimo. Non lo si può definire libro, quindi. Tantomeno un libro illustrato. Meglio definirlo un regalo.
Ed è un regalo enorme, quello che ci fa l’autore: lo paragonerei a una scatola di scarpe, di quelle che, grazie a forbici e fantasia diventa un teatrino. Sono proprio i ricordi a far muovere i personaggi. Quelli del libro, e quelli del cuore.
Giovanna
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