Buon sabato! Qui c’è una giornata tipicamente autunnale: pioggia, vento e freddo. Il clima ideale per dedicarsi all’ultimo libro che ho divorato.
Si tratta di “Il sogno di scrivere” di Roberto Cotroneo. E’ pubblicato da UTET e costa 14 euro.
Per chi non lo conoscesse, Cotroneo è giornalista, scrittore e poeta. Seguo sempre la sua rubrica su Sette, il settimanale del Corriere della Sera, e da quando collaboro con l’inserto “La lettura” covo il desiderio segreto di vederlo passare in redazione. 🙂
Trovo sia uno dei pochi giornalisti che tratta l’attualità come una cosa seria: ogni suo intervento è affrontato e proposto con una professionalità ormai rara. Si vede che pesa ogni parola, che non lo fa tanto per fare: ci tiene che quello che ha da dire arrivi a tutti, in maniera chiara ed inequivocabile. Che, a mio parere, dovrebbe essere l’obiettivo di ogni giornalista.
Il libro è uscito lo scorso anno, e penso di essere stata una delle prime persone ad averlo comprato. 🙂
Mi piace molto scrivere, e compro spesso libri del genere. Un po’ perché, parafrasando il motto di una casa editrice che mi piace molto, “non c’è niente di più pratico di una buona teoria”: consigli e tecniche per mettersi all’opera sono sempre di grande spunto.
Un po’ perché in questi libri c’è sempre anche un lato soggettivo, un modo di conoscere il lato personale dello scrittore, che prima di essere scrittore è una persona come tutti.
Ogni tanto mi capita di intervistare scrittori per il mio blog, e a tutti chiedo sempre di raccontare il rito della scrittura: dove scrivono, quando scrivono, cosa vogliono vicino quando scrivono. Mi piace immaginarli all’opera, con una correlazione tra luogo e risultato finale. Non dimenticherò mai la risposta dell’ultimo scrittore che ho intervistato: “Ho una scrivania normale, in uno studio normale”.. Eheh!
Per questo sono rimasta sorpresa nel leggere questo libro, di scoprire che non è il classico percorso attraverso le tappe fondamentali di un romanzo (trama, personaggi, intreccio, finale) o della sua pubblicazione (contratto editoriale, editing, pubblicazione, promozione, copertina), ma un racconto intimo e personale. Ho dovuto leggerlo due volte per comprenderne totalmente il significato. La prima volta che l’ho letto, aspettandomi dei consigli pratici, ho esclamato: “e quindi? In cosa mi è utile?”.
Alla seconda rilettura ho trovato i consigli che volevo nascosti nel racconto (bellissimo il capitolo in cui paragona la storia a un labirinto), e alla fine della rilettura ho pensato che il miglior consiglio che si possa dare a un aspirante scrittore è “provaci!”, e Cotroneo lo grida a gran voce dalle sue pagine.
Il sottotitolo del libro è “Perché lo abbiamo tutti – Perché è giusto realizzarlo”. Si parte proprio da qui: per Cotroneo si è scrittori nel momento in cui maturiamo, anche solo per un secondo, il desiderio di scrivere qualcosa. Un’affermazione che non avevo mai letto in nessun libro dedicato alla scrittura, ma che non ho fatto fatica ad accettare.
Ammettere una cosa del genere significa separare la scrittura da un groviglio fatto di regole universali e universalmente accettate (le stesse che ogni editor usa per valutare un manoscritto). Significa ammettere che l’applicazione di queste regole arriva molto, molto, molto dopo.
Dopo cosa?
Il libro cerca di rispondere a questa domanda. Una domanda ambiziosa, che pone la giusta attenzione su quello che succede prima di prendere carta e penna e iniziare a mettere nero su bianco la prima parola, che per l’autore è il traguardo, il punto di arrivo.
Serve un’idea iniziale, una sorta di Big Bang personale, spesso non identificabile. Vien da sé che da qualche parte bisogna iniziare: il problema è che si deve iniziare da qualcosa che ci pulsa dentro. Un’immagine, un’idea, un ricordo, una sensazione. Qualcosa che magari abbiamo vissuto molti anni fa, e che ha determinato il desiderio, il bisogno, la voglia di costruire una storia. Non è l’inizio di un libro, ma l’inizio di un percorso. E come tale, ci siamo dentro fino al collo. Un percorso diverso per ognuno di noi, per il quale ogni consiglio è inutile, quindi.
Per l’autore la decisione di scrivere un romanzo non è razionale e cosciente: si decide di scrivere un romanzo senza neppure sapere di essere degli scrittori.
Un’affermazione che mi rincuora: quando chiedo agli scrittori come e dove scrivono lo faccio anche per convincermi che non è un’impresa per pochi eletti. Non vuol dire sminuire il lavoro degli scrittori, ma convincersi che nessun motivo dovrebbe scoraggiare a provarci. Soprattutto se si pensa allo scrivere come fine a se stessi, senza pensare alla pubblicazione, alla fama, ai soldi. Scrivere per il gusto di scrivere.
Attraverso racconti personali, aneddoti legati alla sua scuola di scrittura, voli pindarici, metafore che solo quelle sono piccoli capolavori, l’autore svolge il ruolo di confidente, di amico del cuore, capace di comprendere, ascoltare e spronare la nostra voglia di scrivere. Lo fa con affetto, proprio come un amico, rendendo questa confessione priva di vergogna. A fine lettura ci si sente meglio, leggeri, sollevati, e con rinnovato entusiasmo per qualcosa che si crede irraggiungibile.
Mi sono emozionata nel leggere il suo capitolo iniziale, quando racconta un aneddoto della sua infanzia e alla prima volta che fece leggere qualcosa di suo alla sua famiglia. E’ proprio qui che parla di vergogna: la stessa che provai io quando vinsi un piccolo concorso letterario organizzato dalla scuola media che frequentavo. Non avevo fatto niente di male, ma quando chiamarono il mio nome mi sentii esposta, consapevole che avevo affrontato un giudizio (seppur positivo) e che molte altre persone, a partire dalla mia famiglia, mi avrebbero giudicato.

Roberto Cotroneo ci è passato: dalla vergogna di bambino a scrittore di successo. O meglio, a persona consapevole. Consapevole di essere uno scrittore. Non per le copie vendute o per i libri pubblicati. Ma per il percorso che ha affrontato. Che può affrontare chiunque, pure tu, lettore del mio blog. Magari sei finito qui per caso, magari non hai mai pensato di scrivere un libro, detesti leggere e fai fatica persino a compilare un elenco della spesa.
Scrivere è un modo di pensare, conclude Cotroneo. E io, più che mai, grazie a lui, mi sento una scrittrice. E lo dico senza vergogna.
Giovanna
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