Ciao a tutti! Rieccomi dopo una pausa lunghissima! Come spiegavo nel mio ultimo video (ecco il link, per chi se lo fosse perso), nell’ultimo anno è raddoppiato il lavoro, oltre a sovrapporsi una serie di impegni (come l’iscrizione all’albo dei giornalisti). Però per il nuovo anno – perché si sa che il vero capodanno è il primo settembre – ho intenzione di tornare più attiva che mai, sia sul blog che su Youtube. 🙂
Quindi, per ricominciare, vi propongo un romanzo divertentissimo, uscito nella scorsa primavera. Si tratta di Consigli pratici per uccidere mia suocera, di Giulio Perrone. È pubblicato da Rizzoli, ha 255 pagine e costa 18 euro.

Conoscevo già l’autore, perché prima di essere un autore è un editore. Ha fondato infatti nel 2005 la Giulio Perrone editore, che specialmente negli ultimi tempi sta pubblicando delle vere chicche (tra cui Balla solo per me, qui il link alla mia recensione). Sempre la sua casa editrice ha pubblicato Le notti blu di Chiara Marchelli, entrato nei dodici candidati al Premio Strega.
Comunque, qui voglio presentarvelo come autore: questo è il secondo romanzo che pubblica con Rizzoli, dopo L’esatto contrario, del 2015. Un primo commento che voglio fare, da addetta ai lavori, è il fatto che apprezzo molto che abbia deciso di pubblicare due romanzi non con la sua casa editrice. Anche lui sarà passato dal calvario che ogni autore teme: spedizione manoscritto, attese snervanti, magari qualche rifiuto. Lo trovo un atto di coraggio e umiltà. Di conseguenza trovo molto bello che una casa editrice punti su un autore che potrebbe anche essere un rivale, dato che è un editore: è la prova che la buona editoria si fa a prescindere dai conti, dalle strategie, basandosi solo ed esclusivamente sulla qualità di un testo.
Sono stata alla presentazione di questo libro a Milano lo scorso marzo, ma ancora non avevo letto il libro: temevo qualche spoiler, invece le sue parole mi hanno incuriosito ancora di più. L’autore ha raccontato diversi aneddoti circa la stesura del libro, e risposto alle domande del pubblico. Io gli avevo chiesto quanto tempo ci avesse messo a scrivere questa storia. La risposta ha generato in me una sana invidia: tre mesi! Ha anche confessato di non aver rilevato particolari intoppi durante la scrittura, dato che aveva bene in mente la storia che voleva scrivere. Penso sia il sogno di ogni scrittore, avere le idee chiare! A quel punto la mia curiosità era alle stelle. Giulio poi è molto simpatico e disponibile!

Purtroppo sono riuscita a finirlo soltanto quest’estate, quando ho potuto staccare dal mio lavoro (che consiste nel leggere e valutare manoscritti per alcune case editrici): l’ho divorato!
Il protagonista è Leo, uomo sulla quarantina, sposato con Marta. I due sognavano di aprire una libreria, senza mai decidersi a farlo. L’incontro con Annalisa, ragazza molto più giovane, animata da un entusiasmo e una fiducia nel futuro che solo alla sua età è concesso avere, mette in crisi Leo, che decide di lasciare la moglie per lei. Leo però è un eterno indeciso, una persona incapace di capire cosa vuole, e per questo si ritrova nell’assurda situazione di tradire Annalisa con la sua ex moglie! Risulta chiaro pure a lui che non può dividersi tra due donne per sempre, che sarà costretto prima o poi a fare una scelta. Proprio lui! Lui che ha sempre preferito farsi trasportare dalla corrente, piuttosto che provare a nuotare per raggiungere i suoi sogni.
La prima cosa che ci tengo a sottolineare è il lavoro che fa Leo: lavora come traduttore e come lettore di manoscritti per una casa editrice. Proprio quello che faccio io! Ho provato subito simpatia per questo personaggio, che racconta anche molto bene il lato pratico di questo lavoro che potrebbe sembrare facile e di poca responsabilità.
“Qualche spiegazione in più serve per l’altro mio mestiere che è sicuramente intuitivo ma meno noto nelle sue logiche. Qualcuno potrebbe pensare che nelle case editrici si passino giornate intere a leggere manoscritti sorseggiando caffè e scambiando impressioni sul perché il tale autore abbia utilizzato proprio una certa parola anziché un’altra o sulla visione del mondo. Il tutto in un’atmosfera magica, in un fervore intellettuale che pervade ogni singolo metro quadro della redazione. Purtroppo non è propriamente così. Oggi chi fa il lavoro di scout alla ricerca di talenti deve riuscire a barcamenarsi tra commerciale e letterario con estrema bravura e una certa dose di fortuna, perché il mercato langue, le case editrici hanno l’acqua alla gola, e azzeccare il bestseller può fare la differenza”.
Questo breve passaggio spiega la responsabilità di chi legge e valuta manoscritti, che è un lavoro bellissimo ma comunque impegnativo, da fare con grande attenzione. Spesso ricevo domande a tal proposito, e sono contenta che questo libro mi possa aiutare a rispondere.
Leo comunque ammette di amare questo lavoro, nonostante le poche certezze per il futuro, e più volte si percepisce il suo amore per i libri.
Le cose si complicano quando il suo capo convoca tutto il team, dicendo che vuole scrivere un libro dove dovrà morire la suocera: sono tutti invitati a spremere le meningi e trovare un’idea originale per far morire la suocera nel libro. Leo si impegna tanto per questo compito, sa che c’è in palio una promozione. Così, mentre la storia della suocera prende forma nella sua mente, di pari passo ci sarà un’evoluzione anche nella sua vita privata. Potrebbe sembrare che vi abbia già raccontato molto, ma questo è solo l’inizio!
L’autore non intreccia molti fatti: la scelta amorosa, il quesito sulla suocera, e altri problemi che gli crea il padre, figura assurda ma ben riuscita. Un intreccio abbastanza semplice, che però permette di mettere in bella luce il modo di narrare dell’autore. Parlare di stile non mi piace, trovo sia un termine troppo generico che semplifica il lavoro di chi sta analizzando un testo. L’autore adotta una coraggiosa prima persona come voce narrante (in termine tecnico è una voce narrante autodiegetica); di conseguenza il punto di vista è a focalizzazione interna, cioè noi sappiamo solo ciò che il narratore sa. Il che rende la narrazione molto coinvolgente. Il rischio che si corre è che tutta la narrazione risulti lenta, dove vengono spiegate fin troppe cose: dove si percepisce, insomma, che il narratore sta raccontando qualcosa a noi piuttosto che farcelo vivere.
Confesso che all’inizio un po’ questa sensazione l’ho avvertita. Leo spiegava troppe cose, passando per l’attore di teatro vissuto, che fa un monologo su se stesso. Ricordava un po’ quei film dove il protagonista racconta e commenta, con una voce fuori campo, quello che lo spettatore vede.
Mi sono dovuta ricredere andando avanti con la lettura: Leo si ritrova costretto a non poter più schivare la vita, provando ad affrontarla. E in questo momento la narrazione cambia: sono sempre meno le cose che lui riesce a spiegare e sempre più le cose che lui riesce a far vivere al lettore, azzerando completamente la sensazione provata all’inizio. Anzi, a fine lettura, viene voglia di rileggerlo per provare a scovare la lenta ma inarrestabile metamorfosi del personaggio, che è magistralmente nascosta nella narrazione.
Una narrazione del genere sarebbe stata penalizzata da un intreccio troppo complicato, o da finali improbabili: ad alcuni il finale potrebbe sembrare scontato o troppo “felice”, ma la cosa che fa esclamare un sonoro “wow” alla fine non è come si evolvono le cose, ma appunto il modo con cui ti porta alla fine. Questo libro è una vera coccola per la mente, ha lo stesso effetto del rumore delle onde, o di altri suoni della natura. Diventa impossibile interrompere la lettura!
Infine, regala al lettore la consapevolezza di non essere solo: Leo è sulla quarantina, ma spesso ragiona e si comporta come un bambino mai cresciuto. È pieno di paure, spesso reagisce in base all’istinto, su molte cose fa lo struzzo, passa giorni interi chiuso in casa a mangiare pizza e schifezze, quando potrebbe essere un padre di famiglia, ovvero un uomo sul quale poter contare. Alzi la mano chi non si è mai sentito così! Leo mostra questo lato del suo carattere come se fosse la cosa più normale del mondo: non si vergogna di quello che è, non fa finta di essere un altro. Capisce che deve cambiare, ma non passa, nemmeno per un secondo, dalla vergoga di se stesso o dal denigrarsi. Le sensazioni che prova le ritiene normali e legittime: non cerca scuse o giustificazioni. Lui è così. Per questo motivo fa più fatica a mauturare, però alla fine ci riesce. Ho letto più volte che questo è un romanzo sulle scelte che la vita obbliga a fare: io lo definisco invece un grido di solidarietà verso chiunque si senta schiacciato dalla vita. È chiaro che per forza poi ognuno deve capire e decidere cosa fare di fronte alle difficoltà, ma non ci vedo un’esortazione ad agire, semmai una pacca sulla spalla, una rivendicazione al diritto di sentirsi smarriti e spaventati. Non ha senso pretendere che qualcuno faccia qualcosa se prima non vuole accettarsi per quello che è. Ed è proprio questo il vero finale della storia, quello che il lettore segretamente rincorre: prima ancora di scegliere tra le due donne, Leo sceglierà di rincorrere se stesso, nel momento in cui capirà che per farlo, deve necessariamente fermarsi. E respirare.
Giovanna
Bellissimo il tuo lavoro, bellissima la recensione, è che la wishlist è lunga, ma comunque me lo segno! Ne avevo già sentito parlare bene di Perrone, come editore, io penso che per scrivere bene aiuti molto non solo leggere, ma amare profondamente i libri (non basta, certo, però…)
Un saluto (e bentornata!)
Alexandra