“Chi ben comincia è a metà dell’opera”: mai proverbio potrebbe calzare più a pennello, dato che oggi parleremo di incipit.
L’incipit è un po’ come una stretta di mano tra due sconosciuti: ci dice molto. Quante volte abbiamo stretto mani provando subito moti di simpatia (o antipatia)? Con l’incipit succede la stessa cosa: il lettore si fa immediatamente un’idea di ciò che sta leggendo, stabilendo subito se ha voglia di continuare o no.
Indubbiamente entrano in gioco i gusti personali, ma se l’incipit non piace è soprattutto colpa dell’autore. Io stessa, quando valuto un manoscritto per lavoro, mi faccio già un’idea dopo nemmeno dieci pagine, e non è mai successo che abbia cambiato idea nel corso della lettura; poi ovviamente continuo con la lettura (per altri motivi), ma è stato già detto tutto nelle prime pagine. Ovvero l’idea che ha lo scrittore della scrittura, la conoscenza della grammatica, la scelta di voce narrante, la situazione che racconta, le figure retoriche, i dialoghi (se presenti): sarà difficile trovare grosse sorprese in seguito..
Qual è la formula dell’incipit perfetta? Prendiamo ad esempio il più classico degli incipit: “C’era una volta..”

Questo incipit presuppone che i fatti vengano narrati in ordine di svolgimento: una scelta perfetta per i bambini, che fanno fatica a saltare tra gli avvenimenti, per poi ricomporre la storia. In generale però non è mai una buona scelta, perché se lo scopo dell’incipit è quello di incuriosire il lettore, in questo modo risulta difficile. Provate a pensare a un incipit che vi ha colpito, e provate a scrivere il perché (magari condividete le vostre impressioni con me – sono curiosa!): vi renderete conto di quanto sia importante stimolare la curiosità del lettore – per quanto possa sembrarvi banale questo suggerimento.
La prima cosa che incuriosisce il lettore è trovarsi in “medias res”, cioè nel bel mezzo di qualcosa. Bastano poche frasi per mettere a fuoco una situazione: una persona alla stazione che sta per prendere un treno, o che passeggia di notte piangendo, o in procinto di fare un acquisto e per il quale è molto nervoso. Sono situazioni più o meno probabili ma tutte reali, plausibili, che fanno fare al lettore la fatidica domanda: perché? Perché si trovano lì? Perché deve prendere un treno? Perché piange di notte? Perché deve comprare quell’oggetto? Non è un caso che sia anche la domanda più ricorrente dei bambini alla scoperta del mondo: è tutto un perché, e non importa nient’altro.

Gli esempi che vi ho fatto sono tre situazioni che avevo immaginato come probabili incipit durante un corso di scrittura che ho seguito, come esercizio per superare la pagina bianca. Proverò a descrivervi un metodo di approcio, ma prima voglio condividere con voi la mia teoria in merito. Piuttosto che provare a tutti i costi a scrivere subito l’incipit, con sforzi che non sempre sono alla portata degli esordienti, e che potrebbero scoraggiare, il mio consiglio è quello di scrivere liberamente: se avete in mente una scena, scrivete. Se avete in mente una intera storia, scrivetela come vi viene: l’incipit – come tutta la scrittura – a mio parere è qualcosa che non deve arrivare di getto, ma deve essere minuziosamente costruito. Personalmente diffido da chi dice di scrivere di getto: o meglio, magari va bene per buttare giù la storia, ma dopo si deve procedere a un lento e meticoloso lavoro di rifinitura. Io sono per le mille riletture. Di conseguenza sono per le mille riscritture – incipit compreso. Tutto il resto si ricollega all’immagine dello scrittore incompreso e solitario di cui vi parlavo nella prima lezione.
Se invece volete partire dall’incipit, iniziare a scrivere quello, ma sentite la pressione della pagina bianca e del cursore che lampeggia, l’ideale è creare un cluster, ovvero scegliere una parola, il più possibile lontana dall’argomento/tema della vostra storia e metterla nero su bianco, su un foglio. Da lì provare ad attaccarci altre parole, con un criterio, e che si avvicinino alla vostra idea iniziale. Non c’è modo migliore per alimentare i vostri cavalli creativi, quelli che riposano nella vostra mente e che non vedono l’ora di entrare in azione. Il trucco non è avere subito tutto in mente, ma avere la voglia e l’entusiasmo per provare. Alla fine la scrittura è puro esercizio (a disposizione del cuore e delle emozioni). Questo è anche un ottimo esercizio per chi non ha mai scritto niente in vita sua, ma vuole iniziare. Ripeto, per scrivere serve una mente allenata a creare, e l’unico modo per allenarsi è fare fatica. Anche in questo caso, diffidate da chi dice di essere stato colto da ispirazione improvvisa e di essersi messo a scrivere pagine su pagine partendo dal nulla.
Potrei riportarvi diversi incipit efficaci, analizzandoli, ma non ha senso creare in voi ancora più dubbi sulle vostre abilità: è giusto e doveroso guardare ai grandi della letteratura, ma nel mio corso voglio darvi consigli pratici, stimoli, incoraggiamento. Per questo proverò a riassumere le varie fasi di costruzione di un incipit secondo la mia esperienza, sperando vi venga un’improvvisa voglia di mettervi al lavoro (e di condividere il risultato con me):
1) Mettete a fuoco il vostro obiettivo. Un esempio molto banale è il voler parlare di una persona. Sapete che il vostro romanzo avrà un grande protagonista e volete che compaia da subito. Benissimo! Avete già del materiale su cui lavorare per il vostro incipit!
2) Perché (vedete che i perché tornano?) vi sta tanto a cuore questo personaggio? Che caratteristiche peculiari ha? Ovviamente non ha senso fare descrizioni da identikit (come le chiamo io quando stronco i manoscritti, eheh): non state scrivendo un verbale di polizia. Scegliete un aspetto, una caratterizzazione, un suo pregio/difetto che si noti. Avete mai conosciuto qualcuno che vi ha subito colpito per una singola caratteristica? Non credo che la risposta faticherà ad arrivare.. Già li sento al galoppo i vostri cavalli creativi!
3) Provate quindi a scrivere una frase che descriva il vostro grande personaggio sulla base di un’unica caratteristica (rilevata nel punto 2). Questo esercizio non è molto diverso dal creare un cluster.
Ad esempio volete parlare della timidezza: scrivete “timidezza” al centro del foglio, e vedete cosa i vostri cavalli depositeranno attorno. Mani che tremano? Occhi bassi? Si tratta di mostrare ciò che volete dire, tanto per introdurre una regola fondamentale della scrittura:
“Il suo sguardo era fisso sui suoi piedi”, tanto per aiutarvi in maniera banale.
4) Adesso si tratta di agganciarci una seconda frase.
Volete ribadire il concetto?
“Il suo sguardo era fisso sui suoi piedi. Per un attimo sembrò che stesse cercando qualcosa, o seguendo l’andatura di qualche insetto.”
Volete introdurre il luogo?
“Il suo sguardo era fisso sui suoi piedi. Calpestavano veloci il pavimento della palestra…..”
Volete introdurre la voce narrante?
“Il suo sguardo era fisso sui suoi piedi. Non sapevo cosa dire, cosa fare, era come se la vita si fosse messa in pausa”
Volete subito generare grande aspettativa?
“Il suo sguardo era fisso sui suoi piedi. Ad ogni passo disegnavano strane sagome geometriche su quello che aveva tutta l’apparenza di essere un lago di sangue”
Tutti questi incipit potrebbero descrivere la medesima situazione, ma ognuno di essi mette a fuoco qualcosa. Un dettaglio, dal quale si allargherà (presto o tardi) il campo visivo del lettore. In questa fase è più una questione di scelte, che di tecniche narrative.
5) Provate a descrivere a modo vostro: la gente comune vi direbbe di farvi un proprio stile. Come ho già detto è una parola che odio, ma che sto usando per farvi capire cosa intendo. Dovete diventare artisti della parola, combinare soggetto, predicato, complementi, articoli, come farebbe un pittore con dei colori. Il modo migliore è – come ampiamente ribadito – scrivere e riscrivere, finché la vostra frase non vi sembra accattivante, leggera, scorrevole, fluida, piacevole da leggere. Utilizzare la sintassi per dare ritmo alla frase, generando una lettura attiva. Un esempio consiste nel mettere l’enunciato principale alla fine, per obbligare il lettore a una lettura attenta, trascinata dalla curiosità di scoprire cosa tiene in piedi tutto il periodo.
6) Le scelte adottate prima, e il sapiente utilizzo della sintassi dovrebbero essere in grado di tenere il lettore in sospeso, conferire alla frase una carica emotiva e permettere più livelli di lettura.
Riprendiamo tre esempi di prima:
- “Il suo sguardo era fisso sui suoi piedi. Non sapevo cosa dire, cosa fare, era come se la vita si fosse messa in pausa”
Perché chi racconta non sa cosa dire? Cosa fare? Come già detto, sono esempi molto banali, ma il lettore è già tenuto in sospeso. In maniera implicita si sta chiedendo cosa sta succedendo, perché chi racconta non sa cosa fare. È proprio questo che si intende con tensione narrativa.
- “Il suo sguardo era fisso sui suoi piedi. Calpestavano veloci il pavimento della palestra, freddo come una pista da pattinaggio”
In questo caso, sempre in maniera molto banale, si vuole rafforzare l’emozione legata al freddo con un paragone, in modo che il lettore si immagini di camminare anche lui su una lastra di ghiaccio.
- Infine, qualunque di questi incipit inizia con l’aggettivo possessivo che, senza andare avanti con la lettura del periodo, può riferirsi sia al soggetto della proposizione che a qualcuno diverso dal soggetto. Poco dopo l’ambiguità viene eliminata, ma si può anche scegliere di mantenerla per più proposizioni, creando curiosità nel lettore anche in questo modo.
Non ci vuole molto per capire che – a partire da un’idea – le possibilità sono infinite. Soprattutto se si considera che in un libro ci sono più incipit: ogni inizio di capitolo, di paragrafo, e tutte le volte che il lettore mette occhio su situazioni nuove, non ancora introdotte nel libro.
Penso ci sia abbastanza biada per i vostri cavalli creativi: è giunta davvero l’ora di farli galoppare.
Aspetto con curiosità i vostri esercizi! La mia mail è: giovanna@bocconcinidicarta.com
Se invece volete prima approfondire l’argomento, ecco dei testi che ho trovato illuminanti:
Enza Alfano – Incipit (Erudita Editore)
Incipit. 757 inizi facili e meno facili – Carlo Fruttero e Franco Lucentini (Mondadori)
Giovanna
Ottimo articolo, mi è piaciuto molto. L’ho trovato interresante anche se sono un semplice lettore (e non ho alcuna ambizione di scrittura). Brava!