Ciao a tutti! Avevo appena finito di fare la ripianificazione dei miei articoli quando ho dovuto prestare il pc a mio padre, dato che il suo si è rotto e doveva fare cose urgenti a lavoro. Comunque, oggi me l’ha ridato e posso ricominciare a postare. Invece della lezione, oggi troverete una recensione, ma dalla prossima settimana sarà tutto come al solito: abbiate pazienza e perdonatemi! Avete avuto più tempo per gli esercizi di scrittura (a proposito, come procedono?)! 🙂
La recensione di oggi è a cura del mio fido collaboratore Paquito Catanzaro, accanito lettore e fondatore de Il lettore medio, un blog molto interessante! Fateci un salto!
Vi lascio con le sue parole!
Giovanna
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Mi ha piacevolmente spiazzato questo libro. Lo confesso. Quando l’ho ricevuto ho guardato con sospetto una copertina che non mi ha colpito – per me l’impatto visivo è fondamentale – portandomi a leggere con tiepido entusiasmo questo romanzo di Christian Garcin. Tuttavia è bastato il primo capitolo per ricredermi. “Il volo del piccione viaggiatore” (edito da Ponte alle grazie) è un romanzo molto interessante, tanto dal punto di vista della storia quanto da quello tecnico.
Il protagonista è Eugenio Tramonti, un reporter francese di origini italiane con velleità da scrittore, che fa quotidianamente i conti con la propria apatia. Non vuole più scrivere articoli e vuol metter da parte l’aspirazione di diventare uno scrittore di professione. Desidera solo che la vita gli scorra davanti, lasciandolo spettatore inerte.
Ma questi fin troppo placidi propositi vengono accantonati nel momento in cui monsieur Choisy-Legrand, il suo datore di lavoro, lo spedisce in Cina con un duplice compito da assolvere: realizzare una serie di articoli di fondo sugli usi e costumi locali e, soprattutto, trovare Anne-Laure, la figlia della quale ha perduto le tracce.
Eugenio si trova, così, catapultato dall’altra parte del mondo alla ricerca di una ragazza che non ha mai visto (se non in una fotografia che porta sempre con sé), ma soprattutto alla ricerca di sé stesso. Il contesto orientale, infatti, sembra smuovere la sua esistenza, spinto dalla curiosità del nuovo contesto e dal desiderio di vivere di coloro i quali incontra a Pechino e nei dintorni.
Quel che ho più apprezzato di questo romanzo è il modo di delineare i personaggi: per Garcin ogni personaggio è prezioso e funzionale agli altri, ergo – sia esso un protagonista o un comprimario – è dotato di una certa profondità. Ha aspirazioni, un obiettivo nella vita e, soprattutto, qualcosa da raccontare. Linfa vitale per Eugenio che attinge avidamente dalle storie altrui per ricostruire quella di Anne-Laure e per cercare di comprendere quale strada seguire per uscire dallo stato di apatia nel quale è precipitato. A patto che desideri realmente risalire la china e “tornare a vivere”.
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