Sophie Flack – Balla, sogna, ama

Ciao a tutti! Il libro di cui voglio parlare oggi riguarda il mondo della danza.

L’ho comprato attirata dall’offerta lampo, convinta di incappare in un romanzo leggero. Insomma, non avevo grandi aspettative, se non quella di leggere qualcosa di non troppo impegnativo.

Ed ero anche scettica, visto che non mi ero informata sull’autrice: pensavo fosse una storia d’amore nel mondo della danza, dove però la danza è marginale, fa da cornice, giusto per proporre qualcosa di mai visto (ma solo io mi faccio tutte queste idee prima di iniziare un romanzo??).

In realtà l’autrice è Sophie Flack, ex ballerina del New York City Ballet, e quello che offre è un’immersione nella vita di una ballerina, oltre al sipario che divide il pubblico da quel mondo inaccessibile.

Il titolo è “ Balla, sogna, ama”, pubblicato da Newton Compton. Ha 288 pagine e costa 9,90 euro.

balla

La protagonista è Hannah Ward, una ragazza di 19 anni che fa parte del Manhattan Ballet di New York. E’ da quando aveva nove anni che ha abbandonato la “vita normale”, la sua casa, la famiglia per studiare danza. Ora inizia a raccogliere i frutti di tanti sacrifici: i primi ruoli da solista, la preparazione di coreografie di rilievo, le inattese convocazioni come sostituta di prime ballerine.

Però pensa spesso a cosa succeda fuori dal teatro, ai suoi coetanei che frequentano l’università: i “pedestri”, come li definisce Zoe, sua amica e rivale.

E quando incontra Jacob, “pedestre” squattrinato, studente universitario e musicista in una piccola band, che i dubbi si intensificano. Ma cos’altro potrebbe desiderare Hannah, se non quello di diventare una stella della danza?

Il tempo di una stagione teatrale, da ottobre a primavera inoltrata: il romanzo copre questo lasso di tempo, dove Hannah ci espone i suoi dubbi e vive grandi cambiamenti all’interno della compagnia.

Chi non ha mai studiato danza potrà trovare eccessivi molti racconti della protagonista, così come il finale (per nulla scontato). Ma chi ha messo piede in una scuola di danza, che sia quella di una prestigiosa accademia o di un paesino di provincia, potrà capire e immedesimarsi nella protagonista.

Io ho iniziato a studiare danza a 10 anni: troppo tardi per poter pensare di intraprendere una carriere simile. Inoltre non ho mai avuto il fisico adatto: troppo bassa, non abbastanza esile. Ho il classico fisico a clessidra, tipico di chi porta con sé geni mediterranei. 🙂

Probabilmente è stato un bene per me, perché mi ha permesso di considerare la danza nell’unico modo in cui potessi considerarla: un hobby, un passatempo, una passione da coltivare per il gusto di farlo.  Non ho mai sentito la competizione con le mie compagne, non mi sono mai vista inadeguata davanti allo specchio, non ho mai pensato di fare diete, o sottoportmi a sessioni di palestra, come invece si ritrova a fare la protagonista del libro. Non ho mai perso la voglia di danzare, non ho mai pensato che la danza mi stesse privando di altro. Anzi, ho sempre pensato che stessi “sfruttando” la danza per rilassarmi, divertirmi, non pensare ad altro.

Posso anche affermare che nonostante l’approccio da “dilettante” le mie soddisfazioni me le sono prese: agli esami annuali ho sempre preso il massimo dei voti, e una volta, da una esaminatrice inglese, mi è stato detto che sarei potuta diventare un’ottima maestra di danza.

Ma nel leggere questo libro non ho potuto fare a meno di mettermi nei panni di Hannah, di vivere il rovescio della medaglia del mondo della danza. Di immaginarmi bambina, la prima volta che ho messo un paio di scarpette, con una vita completamente diversa davanti. Con una vocazione davanti, perché sono sempre più convinta che intraprendere questa vita sia come prendere i voti: bisogna avere una vocazione.

Il libro mette in luce anche il perché ci siano pochi primi ballerini famosi, di quelli che hanno fatto la storia della danza. O meglio, fa riflettere su che caratteristiche debba avere un ballerino per passare alla storia.

Ripenso a Roberto Bolle, Alessandra Ferri, Carla Fracci: tre nomi italiani conosciuti da tutti, anche da chi non ha mai visto un balletto. Non sono “solo” dei ballerini eccezionali, sono persone che non potrebbero fare altro, se non i ballerini. Persone che hanno provato a lasciare la danza, e ci sono tornati, nonostante l’età, nonostante la competizione, nonostante una famiglia, nonostante tutto. Ecco, penso che la differenza la faccia il “nonostante tutto”. Si passa alla storia “nonostante tutto”. E quando Hannah realizza questa cosa, il libro si può definire concluso. Finalmente capisce cosa deve fare, e molto intelligentemente lo fa. Senza rimpianti.

Due note circa la scrittura e la struttura: si percepisce che è il suo primo romanzo. Non sono presenti grandi intrecci, e a mio parere avrei evitato qualcosa (ad esempio il personaggio di Matt). Tuttavia “scorre” bene, non risulta noioso (nonostante, appunto, l’assenza di intrecci) e l’utilizzo del tempo presente in una struttura del genere, dove la vera protagonista è l’ambientazione, è una buona scelta.

Mi è dispiaciuto vedere come sia stato stravolto il titolo originale: “bunheads”. Letteralmente “testa a pagnotta”. E’ in realtà un nomignolo riferito allo chignon, immancabile nelle ballerine. Ed è, secondo me, un elemento che caratterizza le ballerine, al pari della divisa di un poliziotto o del grembiule per un cuoco. Non so come si potrebbe tradurre in italiano, ma si poteva fare meglio di “Balla, sogna, ama” (un titolo che richiama un libro – vendutissimo – che non ha niente a che vedere con questo).

Per conculdere: mi è piaciuto molto, e infatti ne ho parlato nella mia rubrica su “la Lettura” del 15 marzo scorso. Un libro di poche pretese, anzi, di una pretesa: far conoscere la vera vita di una ballerina. E ci è riuscito in pieno.

Vi lascio con una mia foto scattata quattro anni fa, durante il mio ultimo saggio di danza. E non è detto che sarà l’ultimo. 🙂

Giovanna

Saggio di danza 2011

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